lunedì 15 aprile 2013

MOLTI PENSANO CHE...

Un post sul senso dell’amare…

Molti pensano che l’amore sia un "sentimento assoluto", un sentimento che non può mutare nel corso del tempo, al massimo può accrescersi traendo linfa da se stesso: nasce all'improvviso, quasi per gioco e come un fiume in piena travolge la tua vita. Trascinato dalla corrente, non puoi fare altro che lasciarti trasportare. Non c’è modo per sottrarsi ad esso, almeno così molti pensano. Ho sempre avuto una visione meno "romantica" per certi versi e diversa da questa, più vicina a quella proposta da alcune filosofie orientali. Anzi sarebbe più corretto ammettere che la mia visione sull'amore è cambiata nel corso degli anni, maturata anche con l’esperienza personale ed il confronto.

Se si parla di amore come un assoluto mi viene subito in mente che questo può sussistere solo se prodotto da un "essere assoluto", come il Dio dei cristiani e di qualunque altra religione che voglia innalzare l’uomo oltre la miseria di questo mondo. L’amore che proviamo, proprio perché è umano, soffre e si confronta col quotidiano, con i piccoli e grandi problemi della vita. Sono gli eventi e le azioni che compiamo a farci migliorare o a peggiorare su questo percorso. Pensava Agostino, filosofo cristiano del IV-V secolo, che il bene, e di conseguenza l’amore che ad esso appartiene, è la sola strada per la felicità; se non la percorriamo, la nostra vita non potrà arricchirsi, anzi tenderà ad immiserirsi e a diventare sempre più triste e vuota.

L’amore è vita vissuta, ma è anche vita da vivere! Dal giorno in cui nasciamo la nostra esistenza si orienta su questa strada: ci avete mai fatto caso che la sofferenza d’amore è considerata da molti peggiore di quella fisica? Quando si chiude una storia d'amore è come se si perdesse il mondo intero, sembra che la vita sia finita con esso. Cade ogni scopo, si smarrisce la mèta ultima. Qualche giorno fa mi hanno fatto questa domanda: «Per te cos'è l’amore?», e come un bambino che vede per la prima volta cadere dal cielo un fiocco di neve, sono rimasto in silenzio.


È stato difficile trovare una risposta e credo che non ne esista una soltanto, ma tante così come sono i periodi della vita di ognuno. Potrebbe sembrare sciocco e scontato, ma immagino l’amore come un giardino, il giardino della nostra interiorità. Lo semini, lo coltivi, lo abbellisci grazie solo alla presenza di un altro essere umano, perché in fondo l’amore è un sentimento che ha bisogno di due persone per considerarsi tale. È forse l'unico sentimento che, basato su una libera scelta iniziale, permette di avvicinare per sempre, o quasi, le anime di due individui estremamente differenti, senza interessi di natura egoistica. Di conseguenza, non puoi abbellire il tuo giardino da solo, hai bisogno che l’altro si prenda cura della tua anima e la coltivi in uno scambio reciproco, come in uno specchio. Allora pianti in un angolo dei garofani rossi o delle viole del pensiero, poco dopo vedrai l’altra persona venire a innaffiare quei semi.

Il primo germogliare è il momento più bello perché da un piccolo seme vedrai nascere una pianta. Successivamente semini altri fiori, un prato verde, decori le aiuole. Il lavoro, però, è solo all'inizio. I primi tempi sono anche il periodo più gratificante, il giardino si rinvigorisce e si colora di migliaia di tinte. Tuttavia, per vedere i primi alberi crescere ci vorranno degli anni. Ma la soddisfazione di potersi sedere in compagnia della persona amata sotto un tronco di faggio dalla folta chioma, nella calura estiva, al riparo dal sole, e di godere di questo stupendo paesaggio credo che sia una delle sensazioni più belle alle quali il cuore umano possa aspirare.

Attenzione, però, a non distrarsi. Basta una disattenzione ed ecco spuntare un'erbaccia; un’altra piccola disattenzione ed ecco che un fiore perde un petalo… Qualche foglia inizia ad ingiallire solo perché abbiamo girato la testa dall'altra parte. Ecco, allora, che una piccola insoddisfazione personale si trasforma in un prato secco, senz'acqua. Stranamente un grande giardino è più vulnerabile di un piccolo vivaio, perché ha bisogno di molta più pazienza e di molte più cure. Ecco, allora, che le erbacce si trasformano in grossi arbusti, i fiori appassiscono e gli alberi perdono le foglie, che ingialliscono il terreno dove si vanno a posare. Il fallimento peggiore credo che sia quello di vedere non solo il proprio giardino sfiorire e morire, ma soprattutto l'interiorità dell’altra persona, che consideravamo nostra compagna di vita, invasa e consumata dall'ansia, dalla tristezza e dalla rassegnazione.

Sembrerà assurdo, ma per strappare un’erbaccia ci vuole una grande forza interiore perché a volte le novità affascinano, altre volte non siamo capaci di comunicare i propri pensieri, anche i più semplici, all'altro, chiudendoci in noi stessi e nel nostro egoismo. È la fine dell'amore. Così come abbiamo imparato ad amara, ecco allora che impariamo a disamare. È una nostra libera scelta, fa parte della libertà umana ma, attenzione, non dell’amore, è un non voler credere più nel giardino che abbiamo costruito, che aveva reso così bella la nostra anima. Ci voltiamo e vediamo un paesaggio che non riconosciamo più, che non vogliamo riconoscere, anzi che non vorremmo mai aver visto.

Ecco, allora, che si profila un’idea, la più semplice forse, che consideriamo la soluzione al nostro problema: concentrarci unicamente su noi stessi, in modo da recuperare tutto quello che credevamo di aver perso. Se già una volta hai incominciato da zero, perché non puoi rifarlo? Purtroppo non è così semplice. Il nostro giardino non è più quel terreno fertile e privo di piante che era in principio; adesso è una terra arida e secca, piena di erbacce e alberi appassiti. Il paesaggio è desolante ed è inutile dare la colpa all'altro. Se c’era amore l’abbiamo estirpato con le nostre mani! Una volta bruciato tra le foglie ingiallite, come puoi credere che possa ripresentarsi? Se l’hai già distrutto una volta, come puoi credere di non ripetere gli stessi errori?

C’è un bellissimo racconto che si legge su internet, ma purtroppo non ho trovato il nome dell’autore. Lo riporto di seguito.

C'era una volta, un'isola sulla quale vivevano tutti i sentimenti e i valori degli uomini: c'era il Buon Umore, la Tristezza, il Sapere e c'era anche l'Amore. Un giorno venne annunciato che l'isola stava per sprofondare, allora ognuno preparò la sua barca per partire. Solo l'Amore volle aspettare fino all'ultimo, sapendo che da solo non avrebbe potuto affrontare il viaggio. Quando l'isola fu sul punto di sprofondare, l'Amore decise di chiedere aiuto. La Ricchezza gli passò vicino su una barca lussuosissima e l'Amore le chiese: «Ricchezza mi puoi portare con te?», ella rispose: «Non posso, c'è troppo oro e argento sulla mia barca e non ho posto». L'Amore allora decise di chiedere all'Orgoglio, che stava passando su un magnifico vascello: «Orgoglio, ti prego, mi puoi portare con te?», e l'Orgoglio rispose: «Non ti posso aiutare Amore, qui è tutto perfetto potresti rovinare la mia barca». Allora, l'Amore chiese alla Tristezza: «Tristezza, ti prego, lasciami venire con te!». «Oh! Amore», rispose la Tristezza, «sono così triste che ho bisogno di stare da sola». Anche il Buon Umore passò di fianco all'Amore ma era così contento che non sentì che lo stava chiamando. All'improvviso una voce disse: «Vieni Amore, ti prendo con me!», era un vecchio che aveva parlato. L'Amore si sentì così riconoscente e pieno di gioia che dimenticò di chiedere il nome al vecchio. Quando arrivarono sulla terra ferma, il vecchio se ne andò; l'Amore si rese conto di quanto gli dovesse e chiese al Sapere: «Sapere puoi dirmi chi mi ha aiutato?». «È stato il Tempo», rispose il sapere. «Il Tempo?», si interrogò l'Amore: «Perché mai il Tempo mi ha aiutato?». Il Sapere, pieno di saggezza, rispose: «Perché solo il Tempo è capace di comprendere quanto l'Amore sia importante nella vita».

Il racconto finisce con questa aggiunta: "Perciò continuate a credere e sognare nell'Amore, e se trovate la persona giusta, tenetevela stretta, non fatela scappare via perché a volte il vincitore è semplicemente un sognatore che non ha mai mollato!”.

Per chi vuole vedere il video tratto da youtube, eccolo:


venerdì 12 aprile 2013

STELLE COMETE

Un post sul senso che imprimiamo alla nostra vita...

Dicono che siamo come stelle comete, stelle vaganti che nell'etere disegnano il loro tragitto, lungo o breve che sia. Dicono che siamo come stelle comete, stelle che non ricordano dove hanno avuto origine e non possono ancora sapere dove si andranno a spegnere, ma continuano senza sosta la loro corsa. Dicono che siamo come stelle comete, stelle che brillano incuranti della propria esistenza: si consumano lente ma non smettono di emettere luce. Dicono che siamo come stelle comete, fasci di luce nel cielo che viaggiano verso luoghi lontani e remoti; almeno così crede chi le osserva dalla Terra e sogna. Dicono che siamo come stelle comete, che non abbiamo la percezione del nostro essere ma siamo soltanto piccoli frammenti che percorrono la galassia lasciandosi alle spalle una scia di polvere splendente.

Le stelle comete sono principalmente composte da ghiaccio, lo sanno anche i bambini; sono della palle di neve sporca che una mano invisibile le ha lanciate a caso nell'universo. E quando passano vicino ad un’altra stella, una fissa però, come il Sole, iniziano a risplendere con più intensità, forse perché rosse d'invidia; si rivestono, allora, di una folta chioma e di una lunga coda lucente. Non di rado le stelle comete vengono confuse con le stelle cadenti, che sono ben altra cosa: mentre le stelle comete viaggiano solitarie nell'universo, le stelle cadenti sono frammenti di rocce che vengono a scontrarsi con l'orbita della Terra così che, nell'attrito con l’atmosfera, danno vita ad effimere quanto incredibili tracce di luce.

Racconta una leggenda che più di duemila anni fa, un re di nome Hormizd, sovrano della Persia, una notte d'autunno vide splendere nel cielo una stella più luminosa di tutte le altre. Lasciava una lunga scia ed era talmente bella che il re non riusciva a distogliere lo sguardo da essa. La fisso con maggiore attenzione e vide disegnato nella sua luce il volto di una bellissima e giovanissima donna sulla quale era poggiata, ad altezza della spalla, la testa di un bambino cinta da una corona regale. Il sovrano, allora, convocò tutti saggi del suo regno per consultarli: qualcuno disse che si trattava di una visione, quella era la donna che avrebbe preso in moglie e il bambino che poi sarebbe nato dalla loro unione; altri, invece, dissero che si trattava di un’antica profezia, la stella indicava la nascita di un bambino che sarebbe diventato un re potente, tanto da conquistare tutti i territori allora conosciuti, compresi quelli persiani, ed il re avrebbe dovuto cedergli il trono.


Hormizd, diffidente, mandò i messaggeri più veloci verso ogni destinazione per convocare tutti i sovrani che confinavano col suo regno, con i quali vigeva un rapporto di amicizia e di alleanza. Dal nord giunse Yazdgerd e dall’est giunse Peroz. Insieme decisero di mettersi in cammino per scoprire il luogo sul quale la stella si sarebbe posata. Il viaggio durò più di due anni, e si racconta che i tre monarchi non patirono mai la fame, la sete, la tristezza, né la solitudine o la stanchezza. Durante il tragitto pensarono, infatti, che quella stella possedesse dei poteri straordinari, poteri che andavano ben oltre ogni possibile comprensione umana. La stella li precedeva sul cammino e finalmente un giorno si fermò non, però, su un castello, nemmeno su un palazzo regale o su una abitazione, che per quanto piccola fosse almeno modesta e dignitosa.

Il viaggio si concluse in una fredda notte d’inverno, dove le stelle brillavano nel cielo e la luna non era ancora sorta. La stella cometa si andò a posare su una stalla, non molto lontana da un piccolo villaggio di pastori. Vi erano pochi animale, un uomo e una donna e un bambino appena nato deposto in una mangiatoia. Non c’era sfarzo né ricchezza, non c’erano servi né padroni, non c’era invidia né superbia, non c’era alcun dolore o sofferenza… C’era solo un amore grande che si rifletteva nello sguardo di quelle persone. Hormizd si rese conto di quanto fosse stata vana la sua vita, di quanto si fosse affanno a ricercare inutilmente il significato della felicità. Adesso, però, ogni sua ipotesi, ogni sua certezza veniva portata via come la sabbia che si alza sotto la spinta del vento di scirocco.

Dicono che siamo come stelle comete ma, a differenza di queste, possiamo decidere se seguire la nostra rotta naturale, quella intrapresa dalla nascita, oppure deviare lungo il tragitto. Dicono anche che la nostra rotta naturale ci rende veri, autentici, unici e la felicità è sintomo di questa condizione. In altre parole, le tracce della felicità ci permettono di comprendere a ritroso se percorrevamo davvero la nostra rotta naturale. Nel momento di sconforto e di debolezza, nel momento in cui ti senti dentro un grande vuoto e credi di aver smarrito la direzione, quando tutto ti appare buio e sfocato, abbi il coraggio di voltati indietro e di guardare gli attimi in cui sei stato felice. Individua quelle tracce, quei piccoli momenti in cui ti sei sentito contento e grato per quello che avevi. Allora stavi unendo i punti della tua vita.

Non ti resta che scoprire l'istante in cui hai deviato; analizzalo con serenità e coglierne lo spessore e le conseguenze. Spera solo che ci sia ancora una possibilità per rimediare, per ritornare sulla tua rotta naturale. Ormai si sta facendo notte e l’universo è immenso. Ci sono tante faville in cielo, ma chi è esperto di astronomia sa che alcune congiunture astrali difficilmente si possono ripresentare nel corso di una vita: il miracolo più sorprendente è quello di essere una stelle cometa che percorre un tragitto unico e personalissimo e che ha avuto la fortuna di poter intrecciare la sua rotta naturale con quella di un'altra stella cometa: in modo da essere tanto vicino da potersi abbracciare, in modo da essere tanto vicino da formare una scia soltanto.

mercoledì 10 aprile 2013

HO SOGNATO AMORE

A differenza del precedente, che era perlopiù un post sfogo, questo ha il sapore dell’indeterminatezza, così come lo possono essere i sogni.

Da alcune notti a questa parte ho difficoltà a prendere sonno. E come se non bastasse, nel cuore della notte mi sveglio di soprassalto e non riesco più a dormire. Però questa notte, dopo aver faticato a chiudere gli occhi, ho fatto un sognato, era davvero strano perché ho sognato Amore. Adesso mi chiederete: «Ma perché Amore con la “A” maiuscola? Forse è una persona? Oppure parli del sentimento con un rispetto tale da doverlo scrivere con la maiuscola?». Questo lo lascio decidere a voi, alla vostra fantasia, un sogno resta comunque un sogno, qualcosa di inafferrabile per quanto esplicito sia.

Amore era grande quanto il cielo e si estendeva oltre l’orizzonte, tanto era immenso. Aveva la capacità di diventare zefiro estivo, dolce e leggero, per trasportare chiunque lui volesse alla proprio dimora, uno sfarzoso castello sulla cima del monte più alto. Da lì si scorgeva tutta la terra: si vedevano gli uomini di ogni razza, la loro grandezza e la loro miseria, e tutto dipendeva soltanto dalla loro capacità di amare. Di amare innanzitutto se stessi, e poi le persone che gli stavano accanto: padri e madri, mogli e mariti, fratelli e figli, amici, conoscenti e tutti gli abitanti del proprio paese. Sembrerà strano, ma nei sogni è così: puoi credere a qualunque cosa, anche che la forza dell’Amore abbia la capacità di migliorare il mondo. Poi Amore mi chiese di varcare il portone della sua dimora per mostrarmi come la tenerezza, la dolcezza, la fiducia, il rispetto potessero assumere le sembianze del fuoco della passione che brucia e consuma ogni persona.

Allora Amore mi raccontò che molti anni prima, quando il mondo era diverso e gli uomini credevano ancora nel mistero e nelle forze soprannaturali, egli si innamorò di una bellissima ragazza, forse la più bella di tutte. Rimase, così, prigioniero del suo stesso sentimento e nel fuoco della passione furono travolti dai sensi. Poco tempo dopo nacque una figlia che prese il nome di Voluttà, ovvero quello che noi traduciamo anche col termine Piacere. Crebbe in bellezza e grazie, ma appena divenne adolescente fuggi lontano e non fece più ritorno. A questo punto Amore interruppe il racconto mentre una lacrima gli scendeva sul viso. «La forza irruenta del maestrale che annuncia l’inverno», riprese poco dopo, «scuote i corpi con un impeto sconosciuto prima di allora e li inebria di passione». Dopo un lungo sospiro, aggiunse: «Fai attenzione, tutto ciò che schiavizza l’uomo non è Amore. L’Amore rende liberi di essere. Ma come discernere il giusto dall'errato quando i nostri sensi sono offuscati dalla passione?». Quella lacrima gli si staccò dal viso e cadde sulla terra trasformandosi in un immenso oceano.

Amore divenne profondo come il mare, tanto che non si riusciva a scorgere il fondale. Si voltò verso di me e mi disse ancora: «L’Amore è ciò che fa grande gli uomini e li unisce in un comune destino, come gocce d’acqua. Per quanto si sforzi, per quanto si cerchi di risalire la corrente, alla fine ogni goccia torna sempre nel mare». Mi raccontò allora una storia: «In questi luoghi, tantissimi anni addietro, viveva un ragazzo dall'aspetto normalissimo ma dall'animo più profondo del mare. Non c’era giorno che non veniva su questi scogli per guardare l’orizzonte e sognare paesi lontani. Un giorno passò di qua una fanciulla che si impresse nel suo cuore. Una fanciulla anch'essa normalissima, dal viso bianco-latte e dai capelli scuri come la pece. Il ragazzo si accorse subito del sentimento che provava, tanto che il giorno seguente, come i successivi, si recava sugli scogli non più per guardare l’orizzonte e sognare paesi lontani ma per aspettare che la ragazza passasse di lì.


La sua anima iniziò, così, a bruciare ed ebbe paura che quel fuoco l’avrebbe ben presto consumato. Non vedeva più l’orizzonte, non vedeva più il mare, non vedeva più il bosco, non sentiva l’odore dei fiori o il canto degli uccelli. Tutto era diventato scuro e misero. Avrebbe preferito morire piuttosto che rinunciare a quella fanciulla. Voleva fermarla, ma aveva paura che il suo cuore non avrebbe retto ad un suo rifiuto. Un giorno, però, fu la fanciulla ad accostarsi a lui, forse attratta dall'Amore  Non c’era finzione nel sentimento che provarono, non c’era alcuna colpa, ed io, Amore, gli strinsi tra le mie braccia. Un solo bacio trasformò il loro mondo, tutto divenne nuovo e splendido, e tutto si arrese al linguaggio dell’Amore: il sole sorse all'orizzonte, il mare divenne di un blu intenso e arrivò la primavera nei boschi. Il ragazzo aveva amato e amando aveva ritrovato se stesso”. Amore, voltandosi, per la prima volta mi guardò negli occhi e aggiunse: «Troppi amano per ingannare se stessi e per perdersi».

Un lampo squarciò il cielo e la pioggia iniziò a cadere per ritornare al mare. L’odore acre della terra si alzò nell'aria  Ricambiai lo sguardo e gli dissi: «Ho sognato Amore, un Amore robusto come la roccia ma friabile come la terra, che sapesse resistere alla tempesta e al peso degli anni, ma che allo stesso tempo sapesse restare giovane e fertile». Allora Amore mi interruppe: «La rosa è il più bello tra tutti i fiori che esistono in natura. Basta guardarla per restarne affascinato. Devi però aspettare la primavera inoltrata per vederla sbocciare e se provi a coglierla, ecco allora che una spina si conficca nella mano e ti punge. Guarda invece la quercia, alta, possente, non sboccia in un sol giorno ma non appassisce neanche al termine della stagione. Resta ferma e sicura di fronte alle intemperie e al più freddo degli inverni; le foglie cambiano colore, diventano di un rosso scarlatto, ma cadono solo in prossimità del germogliare delle nuove. Ogni Amore è fatto così: se ha radici profonde può cresce e resistere a qualunque tipo di gelata e durare negli anni, se, invece, è solo un desiderio o una passione, non potrà che persistere il tempo di un’estate per poi appassire al primo freddo».

Distolsi lo sguardo, mentre una lacrima solcava questa volta il mio viso. Ripresi dicendo: «Ho sognato Amore, un Amore che sapesse esser come un fuoco che divampa e che, nel bruciare, trovi la forza per rinnovare se stesso. Perché solo se si è disposti a donare con convinzione il proprio cuore, ad intrecciare in modo indissolubile la propria vita con quella dell’altro, perdendosi nello sguardo dell’altro, si può amare in profondità e senza finzione. Un Amore che nel momento più buio sappia aprirsi con maggiore forza e coraggio all'altro per lasciarsi scaldare, per chiedere aiuto, per spazzare via quanto possa impedire alla fiamma di spegnersi. Amore è vedersi bambini nello sguardo consumato di due persone adulte. Amore è tenersi per mano percorrendo una strada isolata nel cuore della notte. Amore è saper crescere e cambiare per poi voltarsi indietro ed aspettare l’altro che ci raggiunga. Perché cambiare senza amare è solo una fuga da se stessi, perché cambiare senza amare è mentire a se stessi e agli altri. Amore è perdersi avendo la certezza che l’altro verrà a cercarci. Amore è…».

Amore per la seconda volta mi interruppe dicendo: «Fai attenzione che la forza dell’Amore non si esaurisca. Non rinnegarlo mai, altrimenti con la stessa energia che hai amato, in egual modo verrà da te a reclamare il dovuto, anche a distanza di tempo». Mi sono svegliato di soprassalto, senza poter finire di ascoltare la risposta, ma forse è stato meglio così, forse sarebbero state solo parole inutili... In fondo ero solo io a sognare…

COME PUÒ CAMBIARE L'ASPETTO DELLE COSE

Già vi anticipo che quello che segue è un post di sfogo. Il mondo troppe volte ci mette in una condizioni di disagio e di sofferenza e allora non resta che cercare un perché a tutto questo. Ma non sempre nella vita c'è una risposta soddisfacente... O almeno nell'immediato non sembra esserci.

Come può cambiare l’aspetto delle cose, che siano fatte di plastica o di emozioni, che siano di vetro o di ferro, che siano di sentimenti o di impulsi, che sia un paesaggio montano o una veduta marina, una piazza affollata in autunno o una strada deserta nella calura estiva, come può cambiare l’aspetto delle cose a seconda dell’angolazione con la quale le guardi. Immagina una città a Capodanno, da poco è scoccata la mezzanotte e ti trovi immerso tra le tante persone che festeggiano l’avvenimento, che si agitano felici; sei pervaso per empatia dall'euforia generale. Pensi che la gioia di una singola notte possa cancellare le delusioni dell'anno appena trascorso? Oppure possa renderlo migliore? Eppure sembra proprio così! Sembra che nel frastuono e nell'eccitazione generale tutti vogliano prendere parte al "nuovo" e abbandonare il "vecchio".

Prova ad immaginare di guardare la scena dall'alto di un palazzo; sei affacciato alla finestra di una grande piazze, la piazza principale della tua città. Non c’è nessuno a trasmetterti quella sensazione di allegria che sembra pervadere ogni persona. Vedi gente che si ammassa, si spintona, strilla senza un motivo apparente… Torni in casa, chiudi la finestra e quella notte diventa tutt'altro: un momento per tirare le somme dell’anno appena concluso. Nel cuore dell’uomo c’è sempre un senso di insoddisfazione, di inquietudine che può placarsi per alcuni momenti, per alcune ore, anche per diversi giorni se la tua vita procede nel verso giusto, se sei felice e non pensi alla tristezza, se sei sereno e non ti preoccupi della tempesta che da un momento all'altro può abbattersi, senza preavviso alcuno.

Così scivola tutto via. Un lavoro che ti dava sicurezza, un’amicizia che credevi indissolubile, oppure un amore radicato negli anni, come un fulmine a ciel sereno che colpisce un albero e lo incenerisce. Ma forse non è solo un gioco del destino; forse avresti dovuto guardare con più attenzione ai segnali che la realtà celava. Nel bene e nel male il cambiamento è percepibili con anticipo. A volte basta voltarsi indietro e guardare lontano, altre volte il tempo è più esiguo, così breve che non ci viene offerta neanche l'opportunità di organizzare una difesa. E resti lì immobile, sembra che ti sia stata strappata via l’anima dal petto. Non riesci a respirare e sembra che neanche il dolore voglia aiutarti a dare un senso a quello che stai vivendo.

A questo punto inizi a ricordare. I tuoi pensieri percorrono da principio tutto quello che hai perduto. Attimo dopo attimo, sorriso dopo sorriso e pianto dopo pianto. Tutto quello che ti ha reso felice, specialmente le piccole cose. Ritenevi che ogni singolo gesto compiuto per amore fosse scritto a fuoco sulle ali dell’eternità e potesse tornate a te nel momento più oscuro, per afferrarti e portarti in alto. Invece accade il contrario: proprio ciò che ti avrebbe dovuto salvare ti trascina a fondo, via con sé. Cerchi di bloccare questo meccanismo, ma non c’è niente che ti possa aiutare. Ormai sei schiavo degli altri, se schiavo di te stesso.

Non resta che fare i conti con la propria vita, tirarne le somme. Perché una sola trave che vacilla può far crollare un’intera casa. Capisci allora che un sol pensiero, un sol gesto, anche solo un piccolissimo dubbio che si era insinuato nell'anima può corroderla fin nel profondo, senza nemmeno che te ne renda conto; e qui non c’è possibilità di essere giusti o sbagliati. Basta una parola di un amico, di una persona che ritieni cara, o anche solo quella di uno sconosciuto, è così il dubbio è entrato in te. Se non hai la forza per combattere, questo distruggerà sia te che il mondo intorno. Com'è facile per una sensazione fisica o un pensiero cancellare un amore di anni. Com'è facile credere di intraprendere la scelta migliore calpestando quello che fino a poco tempo prima ritenevi quanto di più sacro la vita ti avesse donato. Non ci sono scelte giuste o sbagliate se a dettarle non è la verità insita nel tuo cuore.

Puoi essere Hitler che, seguendo la sua “voce interiore”, attuò lo sterminio di migliaia di persone indifese, abbandonate alla più arida crudeltà per un "bene superiore"; puoi essere Madre Teresa che, seguendo la sua “voce interiore”, si batté per costruire una casa dove le persone affette da malattie terminali potessero passare a miglior vita con dignità, circondate dall'amore e secondo i riti della propria fede, senza discriminazione alcuna. Da questo insegnamento ho imparato una sola cosa: a bypassare l’esperienza per risalire alla volontà che era all'inizio di una qualunque azione o di un qualunque sentimento. L’aspetto che rende liberi, se ci può essere libertà in questo mondo, non è quello di seguire le proprie sensazioni o i propri desideri, che siano dettati dal corpo o dall'anima, ma continuare a costruire la strada intrapresa, nonostante tutto.



Ci sono momenti in cui smarriamo il cammino della vita. Ogni pellegrino deve passare nel deserto prima o poi. La soluzione più semplice sarebbe fermarsi in un’oasi: lì c’è acqua in abbondanza, cibo, riparo dalla calura, compagnia, riposo, nonché un paesaggio notturno di una bellezza indefinibile. Migliaia di stelle che brillano nell'oscurità sembrano metterti in contatto col divino e col resto del mondo. L’ambiente ti affascina, ti desidera, ti invita a restare, a trattenere il tuo cammino. La tua bussola però continua ad indicare la direzione da seguire; una voce, al contrario, ti dice di sostare lì, di godere di ciò che puoi ottenere, perché in quel luogo c’è un piacere sconosciuto: un mondo fuori dalle regole dove puoi essere quello che vuoi; nessuno conosce il tuo passato, nessuno conosce realmente chi tu sia. Fermarti lì, però, significa scollarsi da dosso la tua esistenza e con essa quanto di buono e di vero c’è stato fino a quel momento; tutto quello che ti ha portato ad essere quello che sei.

Sembra facile scrollarsi da dosso il peso degli anni. La sensazione di libertà che ti aspetta ti affascina ulteriormente, sei disposto a sacrificare qualunque cosa per quella persona che col sorriso sulle labbra è pronta ad ascoltare la tua storia, le tue ansie e compartecipare alle tue sensazione. Ti fa sedere nella tenda, ti libera dagli abiti, ti mette a tuo agio, ti rinfresca con acqua pulita, ti ascolta con attenzione. Pensi di aver trovato un posto dove poter vivere per lungo tempo. Ebbene, può passare un anno, possono passarne due, anche cinque o dieci, ma ben presto ti accorgerai che non c’è felicità senza costruzione, che non c’è verità senza sofferenza, che non c’è libertà senza legami autentici. Ciò che si insinua strisciando, se non è schiacciato per tempo, è destinato a corrompere tutto, anche se all'inizio è un sibilo affascinante.

Ti ritrovi, così, prigioniero dentro una piccola scatola, lontano dal mondo, con i ricordi più cari a rammentarti che la tua vita era ben altra cosa. Che nel momento della difficoltà non hai saputo lottare in ciò che poco tempo prima ti era parso giusto e che, giunto nell'oasi, avevi rinnegato e considerato come il tuo fallimento più grande. Il bene non cambia, è la prospettiva del mondo che può ingannarci. La prospettiva è la tua libertà di scegliere che cosa fare della tua vita e del mondo. C’è chi decide di compiere sempre il bene, c'è chi insegue i propri istinti e i proprio desideri, tuttavia i più vacillano tra queste due strade, e tra questi ci sono anch'io. C’è forse bisogno di una vita per imparare a restare in equilibrio? Forse una vita sola non basta. La lotta è impari, questo lo so. Ma so anche che se la bussola continua a mostrare il nord, se non ci fermiamo per troppo tempo in uno stesso luogo, se continuiamo a percorrere il deserto, prima o poi quello che ci aspetta sarà incredibilmente superiore a quello che abbiamo lasciato attraversando la sabbia.

Questo è ciò in cui credo, perché l’ho provato io stesso: la resistenza e la perseveranza piegano ogni cosa, anche quando tutto appare scuro e non riusciamo a scorgere l’alba. Più grande è la forza e il coraggio di strapparci da questa condizione e più grande sarà la nostra vittoria. Purtroppo, o meglio per fortuna non possiamo intraprendere un qualsiasi percorso senza considerare le persone che camminano al nostro fianco. I sentimenti e le aspirazioni individuali possono trarci in inganno, il valore di chi ci sta attorno, essendo fuori di noi, è giudicabile con più serenità, soprattutto prendendo in considerazione i suoi atteggiamenti: colui che non ci rispetta entra subdolamente nella nostra vita e, così com'è entrato e ha carpito la nostra fiducia, ben presto ci rivolterà l’inganno. Chi ci ama e cammina al nostro fianco, è roccia su cui costruire il nostro futuro.

I sentimenti non scompaiono nel tempo, anzi si rafforzano anche mutando di aspetto, sta a noi viverli con la giusta angolazione. È una nostra scelta, ma se decidiamo di restare in fondo ad un burrone potremo mai vedere l’orizzonte? Inoltre, chi è sul fondo ha realmente la forza di scalare quelle pareti impervie? O è più facile illudersi scaricando sugli altri la colpa delle proprie mancanze? C’è sempre la possibilità di chiedere una mano a chi si trova più in alto di noi, ma mai a chi è più in basso, altrimenti ci tirerà giù con sé. Se non soffri per costruire un amore fatto di tenerezza e di fiducia, di speranza e di condivisione, resterai per sempre prigioniero nell'abisso di un burrone e non potrai mai ammirare lo straordinario paesaggio che ti attende sulla vetta della tua vita.