venerdì 12 aprile 2013

STELLE COMETE

Un post sul senso che imprimiamo alla nostra vita...

Dicono che siamo come stelle comete, stelle vaganti che nell'etere disegnano il loro tragitto, lungo o breve che sia. Dicono che siamo come stelle comete, stelle che non ricordano dove hanno avuto origine e non possono ancora sapere dove si andranno a spegnere, ma continuano senza sosta la loro corsa. Dicono che siamo come stelle comete, stelle che brillano incuranti della propria esistenza: si consumano lente ma non smettono di emettere luce. Dicono che siamo come stelle comete, fasci di luce nel cielo che viaggiano verso luoghi lontani e remoti; almeno così crede chi le osserva dalla Terra e sogna. Dicono che siamo come stelle comete, che non abbiamo la percezione del nostro essere ma siamo soltanto piccoli frammenti che percorrono la galassia lasciandosi alle spalle una scia di polvere splendente.

Le stelle comete sono principalmente composte da ghiaccio, lo sanno anche i bambini; sono della palle di neve sporca che una mano invisibile le ha lanciate a caso nell'universo. E quando passano vicino ad un’altra stella, una fissa però, come il Sole, iniziano a risplendere con più intensità, forse perché rosse d'invidia; si rivestono, allora, di una folta chioma e di una lunga coda lucente. Non di rado le stelle comete vengono confuse con le stelle cadenti, che sono ben altra cosa: mentre le stelle comete viaggiano solitarie nell'universo, le stelle cadenti sono frammenti di rocce che vengono a scontrarsi con l'orbita della Terra così che, nell'attrito con l’atmosfera, danno vita ad effimere quanto incredibili tracce di luce.

Racconta una leggenda che più di duemila anni fa, un re di nome Hormizd, sovrano della Persia, una notte d'autunno vide splendere nel cielo una stella più luminosa di tutte le altre. Lasciava una lunga scia ed era talmente bella che il re non riusciva a distogliere lo sguardo da essa. La fisso con maggiore attenzione e vide disegnato nella sua luce il volto di una bellissima e giovanissima donna sulla quale era poggiata, ad altezza della spalla, la testa di un bambino cinta da una corona regale. Il sovrano, allora, convocò tutti saggi del suo regno per consultarli: qualcuno disse che si trattava di una visione, quella era la donna che avrebbe preso in moglie e il bambino che poi sarebbe nato dalla loro unione; altri, invece, dissero che si trattava di un’antica profezia, la stella indicava la nascita di un bambino che sarebbe diventato un re potente, tanto da conquistare tutti i territori allora conosciuti, compresi quelli persiani, ed il re avrebbe dovuto cedergli il trono.


Hormizd, diffidente, mandò i messaggeri più veloci verso ogni destinazione per convocare tutti i sovrani che confinavano col suo regno, con i quali vigeva un rapporto di amicizia e di alleanza. Dal nord giunse Yazdgerd e dall’est giunse Peroz. Insieme decisero di mettersi in cammino per scoprire il luogo sul quale la stella si sarebbe posata. Il viaggio durò più di due anni, e si racconta che i tre monarchi non patirono mai la fame, la sete, la tristezza, né la solitudine o la stanchezza. Durante il tragitto pensarono, infatti, che quella stella possedesse dei poteri straordinari, poteri che andavano ben oltre ogni possibile comprensione umana. La stella li precedeva sul cammino e finalmente un giorno si fermò non, però, su un castello, nemmeno su un palazzo regale o su una abitazione, che per quanto piccola fosse almeno modesta e dignitosa.

Il viaggio si concluse in una fredda notte d’inverno, dove le stelle brillavano nel cielo e la luna non era ancora sorta. La stella cometa si andò a posare su una stalla, non molto lontana da un piccolo villaggio di pastori. Vi erano pochi animale, un uomo e una donna e un bambino appena nato deposto in una mangiatoia. Non c’era sfarzo né ricchezza, non c’erano servi né padroni, non c’era invidia né superbia, non c’era alcun dolore o sofferenza… C’era solo un amore grande che si rifletteva nello sguardo di quelle persone. Hormizd si rese conto di quanto fosse stata vana la sua vita, di quanto si fosse affanno a ricercare inutilmente il significato della felicità. Adesso, però, ogni sua ipotesi, ogni sua certezza veniva portata via come la sabbia che si alza sotto la spinta del vento di scirocco.

Dicono che siamo come stelle comete ma, a differenza di queste, possiamo decidere se seguire la nostra rotta naturale, quella intrapresa dalla nascita, oppure deviare lungo il tragitto. Dicono anche che la nostra rotta naturale ci rende veri, autentici, unici e la felicità è sintomo di questa condizione. In altre parole, le tracce della felicità ci permettono di comprendere a ritroso se percorrevamo davvero la nostra rotta naturale. Nel momento di sconforto e di debolezza, nel momento in cui ti senti dentro un grande vuoto e credi di aver smarrito la direzione, quando tutto ti appare buio e sfocato, abbi il coraggio di voltati indietro e di guardare gli attimi in cui sei stato felice. Individua quelle tracce, quei piccoli momenti in cui ti sei sentito contento e grato per quello che avevi. Allora stavi unendo i punti della tua vita.

Non ti resta che scoprire l'istante in cui hai deviato; analizzalo con serenità e coglierne lo spessore e le conseguenze. Spera solo che ci sia ancora una possibilità per rimediare, per ritornare sulla tua rotta naturale. Ormai si sta facendo notte e l’universo è immenso. Ci sono tante faville in cielo, ma chi è esperto di astronomia sa che alcune congiunture astrali difficilmente si possono ripresentare nel corso di una vita: il miracolo più sorprendente è quello di essere una stelle cometa che percorre un tragitto unico e personalissimo e che ha avuto la fortuna di poter intrecciare la sua rotta naturale con quella di un'altra stella cometa: in modo da essere tanto vicino da potersi abbracciare, in modo da essere tanto vicino da formare una scia soltanto.

Nessun commento:

Posta un commento