giovedì 20 settembre 2012

ATTESA

Il mio terzo blog ha un carattere più "filosofeggiante", se mi permettete l'espressione. E' una riflessione sul tema presente appunto nel titolo. Buona lettura!

Attesa non è essere immobili. Attesa non è sedersi ad aspettare. Attesa non è sempre sinonimo di ansia. A volte ci capita di pensare che attendere qualcuno o qualcosa è come vivere un tempo-non-tempo. È esistere quasi al contrario, in una dimensione non nostra. Attesa è perdita di tempo… Almeno così potrebbe sembrare. Attendere, invece, è un dono che abbiamo ricevuto perché ci permette di sentirci vivi, di provare forti emozioni. Si può imparare tantissimo se si riuscisse ad ascoltare le attese, nel bene e nel male. Bisogna stare attenti, però, a dividerle tra quelle costruttive e le altre. Alcune ci conduco al bene, al bello, ai nostri desideri reali, come un fiore che, dopo aver patito il gelo, germoglia nei colori della primavera e infine sboccia in estate. Altre, invece, conduco al male, al brutto, ci corrodono l'anima verso l’autunno della vecchiaia e poi l’inverno della morte. L’attesa di un amico che aspetta una nostra chiamata o l’attesa in una corsia d’ospedale. L’attesa del postino che suona sempre due volte o l’attesa dei nonni verso un nipote, cresciuto, che non li cerca più.

Attesa è un solco nel tempo che scorre veloce, come un quadro di Fontana. Attesa è un mistero da svelare, è un libro di avventure, è un romanzo di Salgari. Attesa sono le mani della tua donna che cercano il tuo corpo, nelle sere più buie, per il più tenero degli abbracci. Attesa sono le lancette dell’orologio che rallentano, quasi a fermarsi, quando si fermano i nostri affanni e sopraggiunge la notte. Attesa è una brezza leggera, che increspa le onde del mare e le infrange a riva mentre il pescatore, all’alba, ripone le reti. Attesa e lo scorrere dei fiumi o la campanella a scuola che tarda a suonare. Attesa è la partita di pallone all’oratorio, alla quale i ragazzi corrono dopo il catechismo. Attesa è una bibita che si riscalda mentre guardiamo un film al cinema o l’acqua che bolle sul fuoco. Attesa è l’autobus che non passa oppure il ragazzo sotto il balcone della fidanzata. Attesa è un viaggio che conduce lontano, mentre le ruote corrono veloci sull'asfalto. L’attesa è un frutto acerbo colto sempre in ritardo.

Quante volte avrò ripetuto la parola “attesa” finora? Tante sicuramente. Non basterebbero le dita delle mani di due persone. Eppure l’attesa è una parola leggera, che scivola sulla lingua privandoci del gusto di comprenderla fino in fondo. È difficile da afferrare perché è un concetto astratto, se non lo riportiamo ad una realtà concreta. Soprattutto perché l’attesa è un'idea che si è evoluta in età moderna. È conoscenza di quello che potrà essere il futuro. Ma è anche coscienza di non poter tornare indietro. Del tempo che scorre e che produce in noi un’alternanza di emozioni e sensazione, di passioni che ci innalzano al cielo o ci legano alla terra, come macigni posti sul nostro capo. Attesa sono le tante ferite sul cuore che aspettano di essere risanate, se mai potranno essere risanate. Attesa e lo sguardo del bambino che corre in braccio alla madre come un notturno di Chopin che si perde nell’aria.


Nella mia vita ogni giorno si è trasformato in attesa. Attesa di cosa? Attesa che prenda la giusta direzione, la strada delle mie aspirazioni, delle mie ambizioni, e perché no delle mie voglie e dei miei bisogni. Attendere è dura, oggi come oggi,  perché guardarsi intorno è scoprire che le attese non sempre vengono ripagate. Cosa fare allora? Auspicare un’altra attesa mentre la vecchia si consuma? O tradire la nuova ostinandoci a camminare sempre nelle stesse scarpe, perché più camminiamo e più ci avviciniamo alla mèta? A ognuno la sua scelta, non c’è risposta, c’è solo lo stupore di una vita immersa nel mistero. Un altro elemento, però, va preso in considerazione: la cattiveria dell’uomo contro il suo simile, fatta di tanti piccoli egoisti che non ci permettono di sciogliere molte nostre attese, di recidere il nastro con decisione.

Attendendo ho imparato ad amare, a soffrire e a gioire. Ho imparato la rabbia e l’ostinazione, la voglia di tentare, di essere generoso e coraggioso; ho imparato la rassegnazione e la tristezza, la malinconia e l’inquietudine. Ma l’attesa non mi ha portato mai a essere felice, a essere me stesso per quello che sento di essere. Nell’uomo c’è un’aspirazione a voler desiderare sempre altro, senza mai riuscire a mettere un punto conclusivo, senza mai riuscire ad afferrare la realtà per intera. La felicità è il sorriso della propria donna, lo sguardo innamorato del padre verso i propri figli, il conseguimento di un traguardo che d’improvviso scivola via, senza darci l’opportunità di goderne appieno. Ogni attesa pretende una propria risoluzione per lasciare spazio a una nuova attesa. Sono convinto che la vita è fatta di una successione di attese, e quando si smette di attendere si smette di vivere, si inizia pian piano a morire. Ma la risoluzione di un’attesa, come ho detto in precedenza, è un dono perché per brevi istanti ci libera dall’ansia di vivere. Un esempio: la lettura di questo brano in se stessa è un attesa, finché non giungerete al termine, non metterete il punto conclusivo insieme a me. Solo allora sarete capaci di sciogliere la vostra attesa per scoprire la piccola emozione che vi è rimasta dentro e che spero vi accompagni ancora per qualche attimo.

2 commenti:

  1. ho letto...il tuo cuore e la tua mente sono pieni di sentimenti contrastanti e bellissimi...non metterò il punto conclusivo...rimarrò nell'attesa di leggerti ancora

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  2. "Sono convinto che la vita è fatta di una successione di attese, e quando si smette di attendere si smette di vivere, si inizia pian piano a morire. Ma la risoluzione di un’attesa, come ho detto in precedenza, è un dono perché per brevi istanti ci libera dall’ansia di vivere."

    Ho estrapolato questo pezzo, per me: il più filosofico. Il brano inizia con una successione di immagini poetiche che, appunto, scorre via e genera "attesa". È tenue la sensazione che dà la tua scrittura, dolce come quella madre che salta nelle braccia del bambino come un notturno di Chopin nell'aria. Riguardo la parte filosofica, mi trovi d'accordo: l'uomo è per natura attendendente, è continuo trascendimento della situazione in un valore, un ideale, un sogno, una speranza. L'uomo è l'essere più irrealizzato e quindi più realizzabile, è trasformazione continua e in questo risiede la sua bellezza come tu giustamente hai evidenziato. Hai aggiunto però che ci sono anche quei piccoli momenti in cui, come un foro che permette di far defluire un corso troppo abbondante, l'essere umano trova "pace", una breve fine alla sua ansia d'essere qualcosa che non è e non potrà mai essere del tutto (altrimenti dovrebbe smettere di essere e-sistenza per diventare essenza, immanenza). Perdona i filosofismi ma mi hai ispirata. -Flavia

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