Ognuno di noi ha un dèmone dentro di sé, così affermavano gli antichi filosofi. Socrate lo considerava una sorta di voce guida che, fin dall’infanzia, aveva il compito di persuaderci a non commettere determinate azioni; per Platone, invece, era una forza demoniaca (nel senso di una “presenza divina”, da cui trae origine il termine) che consentiva all’uomo di elevarsi verso il mondo sovrasensibile. Parecchi pensatori si sono espressi nel corso dei secoli finché con l’avvento del cristianesimo la parola ha subito una lenta trasformazione. Il “demònio”, l’angelo decaduto, si è connotato di un senso negativo, dispregiativo, venendo a sussistere come il principale nemico di Dio.
Fuori dal concetto teologico, come potrebbero deviarci le descrizioni letterarie dell’immaginario dantesco, credo che in ognuno di noi alberga questa sorta di presenza. Sono i dèmoni delle nostre angosce, delle nostre paure, delle nostre fobie, dei nostri incubi, delle nostre apatie, delle nostre prepotenze, così come li ha ritratti Francisco Goya nelle sue “figure nere”. Sono i volti che si deformano attraverso un malessere interiore, che lacerano la nostra personalità, ci divorano dall’interno, come quelli raffigurati da Francis Bacon negli anni successivi la Seconda Guerra Mondiale.
Purtroppo il singolare non basta e neanche una buona manciata di chicchi di grano racchiusi in una mano a conteggiare tali dèmoni… Possono assumere vari nomi, possono nascondersi per anni, possono anche non venire mai a galla, ma sono sempre lì a spingerci in direzioni che nemmeno avremmo immaginato. Ci parlano con una voce sottile attraverso le nostre coscienze, ci disorientano, ci distolgono dalla vita reale. Sono forze oscure, primordiali, forze contro le quali non si può combattere ad armi pari. Aprono strappi enormi nel nostro animo. Cercare di contrastarli richiede un coraggio e un’energia che non sempre si possiede, soprattutto nei momenti di stanchezza e di abbattimento.
Anch’io ho dovuto fare i conti con i miei dèmoni, e ancora oggi conduco una battaglia senza tregua. Questa guerra è segnata da sconfitte come da vittorie. Sono radicati in noi, nella nostra carne, nelle nostre ossa tanto da rendere a volte impossibile estirparli. Qualcuno li chiama col nome di peccato, ma è evidentemente riduttivo. Solo di notte, quando resto solo, e ripenso alla mia giornata, a quanto di buono c’è stato, alle persone che valgono più della mia stessa vita, mi accorgo della loro falsità. Ripenso allo sguardo limpido della mia donna, alla tenera carezza di una madre, alla voce confortante di una sorella o di un fratello, al consiglio dato da un amico, al sorriso di un bimbo, di un nipote, a quanti non distolgono i loro occhi dai miei nell’indifferenza e nella noncuranza.
La forza di combattere mi viene, però, da un istinto primordiale, da un’energia che Dio ci ha concesso e che non dobbiamo mai far spegnere. Il più aberrante dei miei pensieri è considerare un futuro nel quale sia schiavo di me stesso, delle mie passioni e per questo sia privo della capacità di amare! Privo di una libertà che nasce dal profondo di ogni anima. La mia forza porta il nome dell’amore verso di me e verso chi abita nel mio cuore. Non posso immaginare una notte scura senza stelle, una galassia che per quanto lontana non abbia un suo Sole. E così, ogni volta che sconfiggo un dèmone mi riapproprio di una parte di me, costruisco un giardino nuovo nella mia vita. I dèmoni sono tanti, troppi, non finiranno mai di perseguitarmi, questo lo so, ma alla fine mi domando: che senso ha lasciarci stregare da loro se questo significa corrodere la propria anima e, forse, perdersi per sempre? Forse siamo ancora umani? Troppo umani?
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